Roberta Alloisio – Luigi

Andai per la prima volta al Premio Tenco che ero una ragazzina, con tanto di naso finto e parrucca da clown. La seconda volta che salì sul palco della rassegna fu per ritirare invece la targa come miglior interprete [con Janua, n.d.r.]. Capisci che incidere un disco su Luigi Tenco per me era una sorta di sdebitamento”. Così mi raccontava Roberta Alloisio pochi giorni prima di quel maledetto 3 marzo 2017. Quel disco si chiama semplicemente Luigi ed è un piccolo gioiello. Tredici brani del cantautore piemontese spogliati e resi essenziali: solo voce e la straordinaria chitarra di Armando Corsi, un disco insomma acustico registrato quasi di getto in tre giorni, ma che ha avuto una gestazione molto più lunga. Perché quel repertorio Roberta Alloisio e Armando Corsi lo portavano in giro da diversi anni. L’ottimo lavoro di Raffaele Abbate – produttore del disco – è stato quello di catturare la magia (quasi) live dei due.

Intimiditi (o forse solo estremamente rispettosi) i due hanno lasciato da parte fronzoli e virtuosismi per restituirci la magia della musica di Tenco. Da questo punto di vista mi sembra emblematica una canzone come Un giorno dopo l’altro in cui ci si aspetterebbe Corsi gigioneggiare con il famoso fraseggio iniziale di chitarra dell’originale (che i più attempati ricorderanno essere stata la sigla iniziale della serie televisiva Le inchieste del Commissario Maigret col gigantesco Gino Cervi).

E invece, a sorpresa, il fraseggio – quasi timidamente – viene solo evocato, fischiettando, da Roberta. Di segno quasi opposto è invece Angela, in questo caso il brano si svolge con Corsi che non si limita ad arpeggiare ma “interpreta” la melodia della canzone come se a cantare il pezzo fosse lei (la chitarra) e non lei (Roberta). Per continuare questa sorta di gioco delle parti, la canzone successiva, Vedrai vedrai, si apre invece a cappella con la chitarra che tarda ad entrare in scena. Ma, come detto, non si tratta certo di esercizi di stile. I due si permettono anche un vero e proprio duetto vocale in Ti ricorderai, brano che ha un arrangiamento dal sapore bossanova e latino americano tanto caro ai due artisti liguri.

La tracklist è composta da alcuni grandi classici di Tenco (oltre alla già citata Vedrai vedrai, ecco Mi sono innamorato di teSe sapessi come faiIo sì e la “famigerata” Ciao amore ciao con il ripristino di un verso a suo tempo censurato al festival di Sanremo), insieme a brani decisamente meno gettonati (La ballata del marinaioIl tempo passò). E si conclude con una vera e propria sorpresa, Luigi e gli americani, una canzone del 1984 scritta da Ombretta Colli e Giorgio Gaber (su musica di Saro Cosentino) e prodotto da Franco Battiato in cui viene ricordato un aneddoto giovanile che ha come protagonisti gli stessi Gaber e Tenco. Davanti ad un locale Gaber e amici – siamo nei primi anni Sessanta – esaltano la musica e la cultura americana, mentre un meditabondo Tenco sbotta: “Ma a noi cosa ce ne frega degli americani?!”.

Era una Roberta come sempre solare e allegra durante quella nostra ultima chiacchierata. Ma con un pizzico in più del solito di fatica (stava terminando il progetto dedicato alla Corsica che deve vedere ancora la luce) e di apprensione, perché “affrontare il repertorio di Tenco è sempre molto difficile. Tenco era un autore straordinariamente ricco di armonizzazioni e mi sento un poco gli occhi addosso”. Be’, cara Roberta, adesso possiamo proprio dirtelo: non solo questo disco ha avuto il pieno sostegno della famiglia Tenco (che vi ha anche prestato la chitarra appartenuta a Luigi), ma anche della critica specializzata, tanto che è entrato nella cinquina delle Targhe Tenco 2018.
Diglielo a Luigi se dovessi vederlo in quell’Altrove dove ora siete. Scommetto che ne riderete insieme, magari dicendo all’unisono: “Ma a noi che ce ne frega dei critici?!”.

(Foto di Katarina Sevcikova e Vittorio Santi)

Apparso su: http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/luigi/

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